Superlativo omaggio ad Eduardo di Gianfelice Imparato
La recensione della prima. Il meta teatro va in scena al Quirino (fino al 23 novembre 2014) con la divertente commedia “Uomo e galantuomo” di Eduardo De Filippo che vede come straordinario protagonista Gianfelice Imparato, diretto da Alessandro d’Alatri (divenuto, tra l’altro, il nuovo direttore artistico del Teatro Stabile d’Abruzzo, scaduto il mandato di Alessandro Preziosi). Un sentito omaggio al teatro di Eduardo nel trentennale della scomparsa.
Sottolinea D’Alatri in merito alla propria direzione registica: «C’è il rispetto per l’imponenza di una figura che considero un protagonista del teatro del Novecento (Eduardo, ndr) che invoca di essere affrontato con il giusto rigore che merita. Lo spazio scenico viene riempito dalle anime di quegli esseri umani mentre l’allestimento è cornice che le libera dal realismo per ricondurre la drammaturgia al centro della rappresentazione. È ovvio che si ride molto, ma con quel rigore di cui Eduardo si è fatto ambasciatore della sua arte nella storia».
Bravissimi tutti gli attori della compagnia: Monica Assante Di Tatisso, Giancarlo Cosentino, Gennaro Di Biase, Fabrizio La Marca, Ida Brandi, Lia Zinno, Federica Aiello; superlativo Gianfelice Imparato formatosi proprio alla scuola di Eduardo, nonché di Mico Galdieri e Roberto De Simone.
In “Uomo e galantuomo” si racconta la storia di una compagnia fuori dalle righe che sta lavorando all’allestimento dello spettacolo “Malanova” di Libero Bovio. Assistiamo alle prove degli attori che studiano il copione, le battute, l’intonazione più idonea. Sono prove esilaranti soprattutto grazie alla presenza del suggeritore-macchietta, interpretato dal bravissimo Giovanni Esposito. Si adotta il meccanismo della commedia degli equivoci dal momento in cui irrompe sulle scena il fratello della prima attrice, che vuole imporre nozze riparatrici tra la donna e il capocomico che l’ha messa incinta. Sullo sfondo è immancabile Napoli, con la sua umanità, la sua poesia e la sua ironia.
Al meta teatro di ispirazione pirandelliana si affianca un altro tema tipico del drammaturgo siciliano; la follia su cui si fonda la possibilità di fuga dall’opprimente realtà. L’essere a-normale dà la possibilità di salvarsi dal dramma dell’esistenza e diviene motivo ilare e farsesco, sul palcoscenico della finzione come su quello della vita.
Monica Menna