Gioco di società crudele, tra verità e menzogne
La recensione della prima. Un thriller noir, un gioco di società crudele, un escalation di colpi di scena spiazzanti, graffianti, ruvidi è “Parole incatenate”. La pièce, opera di un autore contemporaneo spagnolo, Jordi Galceran, è in scena al Teatro Quirino sino all’8 gennaio 2014. Uno spettacolo duro che pone lo spettatore davanti a una realtà cruda, fatta di violenza fisica e psicologica. La regia, attenta ai dettagli, è affidata a Luciano Melchionna, tra gli ultimi suoi spettacoli di successo ricordiamo “Dignità autonome di prostituzione“.
In scena Claudia Pandolfi e Francesco Montanari abili nel creare un’alta tensione.
Il sipario si apre su una donna (Laura) seduta, imbavagliata, con piedi e mani legati. Il suo sequestratore (Roberto) è alle spalle, con sorriso sulle labbra, mentre le mostra il video in cui confessa uno dei diciotto omicidi che ha commesso… si crea un’atmosfera decisamente non natalizia sul palco, in cui ogni parola è un macigno che pesa, un pugno allo stomaco.
E la vita di quella donna è proprio affidata alle parole. Si gioca a parole incatenate: a turno l’uomo e la donna dovranno pronunciare un vocabolo che cominci con la sillaba conclusiva della parola precedente, non è ammessa la ripetizione di termini. In palio vi è la libertà di Laura, la possibilità di fuggire e restare in vita… vittima e carnefice si scontrano così a colpi di parole e rivelazioni. Tra verità e menzogne che si sovrappongono e confondono per un gioco che tiene lo spettatore con il fiato sospeso. Un gioco in cui i ruoli si invertono in continuazione inaspettatamente e dolorosamente.
La scenografia di Alessandro Chiti è particolarmente d’effetto; un cinema fatiscente, con vecchie poltroncine, uno schermo rovinato fa da sfondo alla pièce. Un ambiente decadente con spazi nascosti, scale, in cui gli attori si muovono dinamicamente.
Ritmi cinematografici arricchiscono la messa in scena così come anche le intense ed emotive rappresentazioni dei due protagonisti, in quello che è un viaggio nella contorta e, a volte diabolica, psiche umana.
Monica Menna