Il più bel secolo della mia vita: poetica pièce in scena al Teatro Cometa
“Forse non pur per lor, ma per le mamme, / per li padri e per li altri che fuor cari / anzi che fosser sempiterne fiamme” i versi di Dante, tratti dal XIV canto del Paradiso, vengono decantati all’interno del poetico spettacolo “Il più bel secolo della mia vita” (in scena al Teatro Cometa di Roma sino al 29 marzo) sostenuto da FAEGN (Associazione nazionale Figli adottivi e genitori naturali) e dal Comitato per il diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche.
Sono versi che potrebbero spiazzare lo spettatore. Aulici, elevati, vengono pronunciati con aria solenne da Gustavo, il personaggio interpretato magnificamente da Giorgio Colangeli. Gustavo tutto è, infatti, tranne che un uomo colto e raffinato; è un centenario ruspante, disinibito, che vive ancora la vita con lo spirito di un giovane leone, è facilmente irascibile, ha la battuta sferzante sempre pronta. Ha insita una comicità popolaresca, che si rende visibile nel suo modo di parlare così colorito, fondato sul romanesco. Ma in realtà non stupisce che si possa far riferimento a Dante soprattutto in uno spettacolo come “Il più bel secolo della mia vita”, tutto artisticamente costruito sui contrasti. Infatti accanto a Gustavo c’è Giovanni, trentenne ancorato a un mondo retrò, reso splendidamente da Francesco Montanari, che ha dimostrato le sue doti da attore, riuscendo a rendere un personaggio così diverso dal Libanese di “Romanzo Criminale” con cui ha ottenuto il successo e il riconoscimento dal gran pubblico.
Dunque Gustavo è l’anziano che si destreggia con Iphone, pubblica foto ritoccate su Instagram, chatta su Facebook. Giovanni è, invece, il giovane estraneo al mondo a cui appartiene, utilizza il Nokia 3310, odia i fastfood, adotta un linguaggio sempre forbito. Entrambi figli NN affrontano però la vita in maniera completamente differente. Giovanni è ossessivamente alla ricerca dei suoi genitori naturali, si batte per l’abolizione dell’assurda legge (davvero in vigore) che vieta ai figli non riconosciuti di venire a conoscenza dell’identità dei propri genitori naturali sino al compimento dei cento anni. Mentre Gustavo è l’anziano che non si è mai preoccupato di conoscere l’identità della madre. Le loro sono visioni della vita contrastanti. L’una ancorata al passato, pur avendo davanti a sé tutta la vita, l’altra saldamente attaccata al presente. Tra di loro Arianna (fidanzata di Giovanni), unica donna sulla scena interpretata da una talentuosa Maria Gorini.
E così il contrasto tra i due personaggi viene ancora di più messo in risalto dai loro abbigliamenti. In questo si nota un’attenzione nel lavoro della costumista Laura di Marco, che ha saputo rispecchiare fedelmente i caratteri dei due personaggi in scena. Si evidenza a tal proposito l’abbigliamento dai colori sgargianti di Gustavo; canotta gialla, camicia hawaiana, spesse collane d’oro al collo. D’altra parte risalta il modo di vestire di Giovanni, così vintage con maglioncini (o gilet) dai colori spenti, con inusuale borsello al collo. Nonostante lo scontro generazionale sui generis, i due personaggi intraprenderanno un tratto di strada insieme, riuscendo a diventare anche complici e amici, battendosi per un fine comune.
Una nota di merito va dunque ai registi e autori della pièce: Alessandro Bardani e Luigi Di Capua. Seppur giovani hanno saputo affrontare una tematica delicata con sorriso, hanno saputo far ridere e commuovere il pubblico. Soprattutto son riusciti a portare contemporaneamente a teatro un pubblico eterogeneo; ragazzi e anziani, seduti gli uni accanto agli altri. E così gli elementi contrastanti dal palcoscenico si riflettono con successo nella platea.
Brunella Brienza