Beatrici indiavolate e “benniane”
La recensione. Il palcoscenico è vuoto e spoglio. Le cinque protagoniste arrivano dalla platea con le loro borse e valige che raccolgono cliché femminili, speranze, strumenti musicali infantili (una chitarrina e un pianoforte giocattolo) persino un secchio delle pulizie.
“Le Beatrici”, pièce nata dalla penna scanzonata, sarcastica e mai banale di Stefano Benni, in scena al Teatro Sala Umberto è un alternarsi di monologhi al femminile. Nel complesso quello proposto è uno spettacolo tragicomico e surreale con eccessi onirici e ironia.
Si alternano a turno le Beatrici nel racconto di se stesse con rapidi travestimenti mentre le altre ascoltano e sottolineano musicalmente con la chitarrina e la lingua di Menelik senza mai prendersi troppo sul serio.
A presentarsi per prima al proscenio è la Beatrice di Dante Alinghieri. Decade l’immagine di donna angelicata; preferirebbe un amore tutt’altro che platonico a Dante predilige uno scrittore indubbiamente più concreto, Pietro Aretino.
Ci sono donne tutte sopra le righe: la teenager esibizionista che desidera apparire in tv a ogni costo, la manager rampante che si nutre degli esuberi della propria azienda, la suora d’assalto di boccacciana memoria, la donna in attesa protagonista del momento più introspettivo dello spettacolo; in chiusura anche le carnivore licantropi. Quest’ultimo racconto parla della trasformazione della donna fino a diventare “altra” con cui convivere. Con loro si ride, si riflette.
Più che Beatrici angelicate, “gentili e oneste” vediamo donne indiavolate, con le loro passioni, debolezze, frustrazioni. La sapienza di Benni è proprio quella di riuscire a rompere gli schemi tradizionali mostrando diverse sfaccettature dell’universo rosa.
Sono tutti personaggi travolgenti, eccessivi resi magnificamente dalle cinque attrici: Valentina Chico, Elisa Marinoni, Alice Rendini, Gisella Szaniszlò, Valentina Virando.
Monica Menna